giovedì 2 febbraio 2012

Wislawa Szymborska


Come faccio ogni mattina, dopo aver fatto colazione, anche oggi ho girato un po’ sui vari siti delle testate giornalistiche per sapere cosa è accaduto durante la notte, e per sapere cosa aspettarmi durante la giornata.
Stamane ho letto della morte di Wislawa Szymborska, alla veneranda età di 88 anni.
Ammetto di non conoscerla ma, dai tanti articoli che leggo su dei, dai complimenti, dal compianto di scrittori e giornalisti, decido che devo riparare alla mia ignoranza.
Basta googlare il suo nome che ecco apparire biografia e poesie.
A tal proposito un ottimo articolo che ho letto è quello che potete trovare qui.
Nel poco tempo a mia disposizione riesco a capire che era una donna intelligente, sensibile e soprattutto, cosa che ammiro e stimo in una donna, sarcastica, ironica e brillante.
“Leggiamo le sue poesie,allora!”, mi dico.

La gioia di scrivere

Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?
Ad abbeverarsi ad un'acqua scritta
che riflette il suo musetto come carta carbone?
Perché alza la testa, sente forse qualcosa?
Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,
da sotto le mie dita rizza le orecchie.
Silenzio - anche questa parola fruscia sulla carta
e scosta
i rami generati dalla parola "bosco".

Sopra il foglio bianco si preparano al balzo
lettere che possono mettersi male,
un assedio di frasi
che non lasceranno scampo.

In una goccia d'inchiostro c'è una buona scorta
di cacciatori con l'occhio al mirino,
pronti a correr giù per la ripida penna,
a circondare la cerva, a puntare.

Dimenticano che la vita non è qui.
Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.
Un batter d'occhio durerà quanto dico io,
si lascerà dividere in piccole eternità
piene di pallottole fermate in volo.
Non una cosa avverrà qui se non voglio.
Senza il mio assenso non cadrà foglia,
né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.

C'è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?

La gioia di scrivere
Il potere di perpetuare.
La vendetta d'una mano mortale.


Spero che l’abbiate letta tutta, e con calma. E spero che vi abbia trasmesso la stessa sensazione di genialità che ho avvertito io.
Molti scrittori si sono messi alla prova tentando di descrivere cosa si provi nel generare ex novo tutto un mondo che fino a pochi secondi fa non esisteva, a trascriverlo su carta e, in questo modo, dargli vita. Tentare dispiegare cosa si provi ad avere questo tipo di “potere” divino.
Perché di divinità si parla: nel momento in cui dai la vita ad esseri umani, ne crei un passato, un presente ed un futuro, una personalità e dei sentimenti e li fai vivere in un particolare mondo, in realtà giochi a fare dio.
Ma se molti scrittori hanno descritto tale sensazione, giocandoci anche dal punto di vista narrativo (mi vengono in mente i racconti “L’ultimo caso di Umney”, inserito nella raccolta “Incubi e deliri”, e “Area di sosta”, contenuto in “Al crepuscolo”, entrambi di S. King), pochi lo hanno fatto esprimendosi in versi, preferendo la prosa.
In un post di qualche giorno fa citavo Pamuk: il suo “La valigia di mio padre” è di 80 pagine.
“On writing” e “Danse macabre” (non è un errore la “s” al posto della “z”, il titolo è in francese) di King superano, rispettivamente, le 280 e le 480 pagine.
La Szymborska, lo fa in 32 versi. 
La parte in cui la goccia di inchiostro sta per cadere sul foglio e “dare vita” ai cacciatori, mi ha portato alla mente il diario di Tom Riddle ne “Harry potter e la Camera dei segreti”.
Ma nella mia ricerca mattutina, la poesia che più mi ha colpito e fatto sorridere è stata la seguente:

La cipolla
La cipolla è un'altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
Fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.

In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d'inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla – cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.

Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell'una ecco sta l'altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un'eco in coro composta.

La cipolla, d'accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi – grasso, nervi, vene,
muchi e secrezione.
E a noi resta negata
l'idiozia della perfezione.

Una carissima amica (che ringrazio di cuore) a cui ho raccontato di questa poetessa e, nello specifico, di questa poesia con entusiasmo, ha osservato brillantemente come le ricordasse "L’Ode al carciofo" di Pablo Neruda, i cui versi sono citati,tra l’altro, anche nel meraviglioso film "Il postino".



Cibo per la poesia. Letteralmente.
Concludo con un’ultima poesia di Szymborska, sulla poesia stessa.
Ci sarebbe molto da scrivere su questi pochi versi, ma credo che se pur avessi la possibilità, il tempo e la competenza di farlo, non raggiungerei minimamente la loro carica espressiva.

Ad alcuni piace la poesia
Ad alcuni -
cioè non a tutti.
E neppure alla maggioranza, ma alla minoranza.
Senza contare le scuole, dove è un obbligo,
e i poeti stessi,
ce ne saranno forse due su mille.
Piace -
ma piace anche la pasta in brodo,
piacciono i complimenti e il colore azzurro,
piace una vecchia sciarpa,
piace averla vinta,
piace accarezzare un cane.  
La poesia -
ma cos'è mai la poesia?
Più d'una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano.