venerdì 8 giugno 2012

The Raven






La prima volta che lessi un racconto di Edgar Allan Poe fu grazie ai soldi che, ricevuti da mia nonna, mio fratello investì nell’uscita mensile di “100 pagine, 1000 Lire”, piuttosto che nel panino alla ricreazione: quel mese fu dedicato al nostro, con la raccolta “Racconti d’incubo”.
Ricordo che, per quanto geniali potessero apparirmi ad 11-12 anni, trovavo i racconti comunque astrusi, arzigogolati, altisonanti, e tutto ciò che mi lasciavano finito di leggerli, era una sensazione di confusione mista ad ammirazione.
Ancora oggi non mi sono molto chiari certi passaggi di “Conversazione tra Monos e Una”, per dirne uno.
Ma capivo già allora che il limite era in me: uno scrittore che aveva avuto delle idee cosi brillanti non poteva renderle tanto cripticamente sulla carta.
Di grande aiuto fu, in quel caso e da quel momento in poi, leggere la prefazione alle opere: conoscere la vita dell’autore e, soprattutto, tenere in conto l’anno in cui i racconti erano stati creati, rese tutto più chiaro.
Da li a leggere le altre sue opere, il passo fu molto breve.
Solo in età più matura, e dopo aver avuto un approccio con la poesia, ne ho ri-scoperto con affetto il genio (tanto da arrivare a provare a copiarne lo stile- in età scolare ci tengo a sottolinearlo - in un racconto horror a cui sono molto affezionato). E quando ne sento parlare, quando viene citato, o quando in una dimenticata programmazione televisiva notturna passano un film anni ’60 tratto da uno dei suoi racconti, provo quasi un moto d’orgoglio, come se si trattasse dell’opera di qualcuno che conosco personalmente.
Immaginate cosa ho provato, quindi, alla notizia che sarebbe uscito The Raven, un film che verteva sulla vita di Edgar Allan Poe (Tutti insieme: “Disse il corvo: mai più!”).
Come scrivevo, non era il primo film tratto da una sua opera che avrei visto, ma volere mettere John Cusack con i capelli dritti sulla fronte e il pizzo nero pece come nel famoso ritratto di Fèlix Vallotton?



Fino ad oggi vi sono state molte trasposizioni delle opere di Poe (da una piccola ricerca che ho condotto dovrebbero essere 14, ma credo siano di più, considerando le piccole produzioni), ma mai si era visto lo stesso Edgar sullo schermo ( e qui correggetemi se sbaglio e perdonate l’eventuale ignoranza!).
Non si può recensire The Raven senza una bella dose di spoiler, ma cercherò di limitare il più possibile i danni.
Il film si apre informandoci che il 7 ottobre del 1849, Edgar Allan Poe venne trovato moribondo su di una panchina in un parco di Baltimora, nel Maryland, e che gli ultimi giorni della sua vita rimangono un mistero.
Sul fatto che fosse stato trovato proprio su di una panchina vi sono opinioni contrastanti: molti affermano che vagasse, stordito, per le via di Baltimora; altri che fosse stato trovato svenuto all’interno di una cabina elettorale.
Su ciò si basa il film: il regista McTeigue ha immaginato che un serial killer mietesse diverse innocenti vittime, “citando” le morti raccontate da Poe nei suoi racconti più famosi, svelando cosi, grazie ad un veloce susseguirsi di eventi macabri e cupi, il mistero degli ultimi giorni di vita dello scrittore.
The Raven è un bel film.
Soprattutto per un amante dell’opera di Poe: sei li che segui la trama quando inizi a pensare che quella scena l’hai già vista o… letta. Che quel grosso pendolo ti ricorda qualcosa, cosi come un delitto in Rue Morgue o una persona murata come nel barile di Amontillado.
In realtà tutto il film è una grande citazione, più o meno palese.
Una su tutte i corvi. Sono presenti dalla prima all’ultima scena, sia attraverso i versi che lo stesso Poe declama, che fisicamente.
Il Poe che si vede è un poeta maudit (fu proprio Baudelaire a riscoprire e tradurre le opere in francese e a farle conoscere nel vecchio mondo): alcolizzato, povero, arrogante, senza più ispirazione. Ma innamorato, impavido e geniale.
In una parola: affascinante.
Cosi come si apre, il film si chiude.
Poe non conoscerà mai la vera fama in vita. Tantomeno la ricchezza. Figuriamoci l’amore. La sua vita è stata costellata di lutti, di dipendenza dall’alcol e di poesia.
Non so se questo film possa risvegliare l’interesse per le sue opere e per la sua persona. Lo spero.
Quanto a me, stanotte risfoglierò con piacere quel piccolo e vecchio libriccino da 100 pagine.
Ad maiora.