martedì 30 ottobre 2012

1089 e altri numeri magici!


Per motivi esistenziali che non credo vi interesserà conoscere (sigh!, la solitudine) mi trovavo, poco tempo addietro, in quel di Ancona. Magnifica città, in cui, per quanto io vi sia rimasto solo per pochi giorni, un pezzo del mio cuore rimarrà li per sempre (non proprio come un Horcrux, ma quasi).

Ero li, semplicemente, a bighellonare con la mia morosa (come direbbero al nord, o zita come direbbero al sud) in attesa di prendere il treno che, in sole 4 ore, mi avrebbe teletrasportato a Roma.

Avendo finito il libro che mi ero portato dietro, avevo deciso di indugiare in un piccolo peccato culturale, nel quale non cadevo da tempo: acquistare Focus. Non mi dilungherò su ciò che penso di tale rivista. Lascio con fiducia la parola a Maurizio Battista.

Devo dire, però, che l’acquisto si rivelò un’ottima idea non tanto per la rivista in sé, quanto per il libro in allegato (che, a volerla dire tutta, ho strapagato). Il libro in questione si intitola: “1089 e altri numeri magici” di David Acheson. È un libriccino di poco meno di 200 pagine, nel quale lo scrittore, un professore di matematica, si cimenta nell’arduo compito di far piacere tale ingrata quanto odiata materia, arricchendola di aneddoti, esempi simpatici di vita vissuta e quant’altro possa distendere quelle labbra che si arricciano al solo sentirla nominare.




Personalmente ho sempre amato le materie scientifiche, e il libro è stato un piacevole compagno per tutta la durata del viaggio, durante il quale l’ho iniziato e finito, tanto è breve. Ne è valsa veramente la pena.

Con uno stile semplice e con argomenti quali: “Una breve storia di π”, e “Caos e catastrofi”, Acheson riesce ad incuriosire, a stupire, ad interessare, e a far riflettere.

Ma quello che mi ha più colpito, riportandomi alla memoria un altro libro a cui ora arriverò, è stato il capitolo 13, in cui si parla di “e”.

Come cita Wikipedia (Dio mi perdoni se la tiro in ballo, ma un sito serio e chiaro in Italia, cosi, ad una prima ricerca , non l’ho trovato!) e risulta come: “ una costante che, insieme a pi greco, è tra le più importanti per via delle sue numerose applicazioni, in modo particolare nell'ambito dell'analisi matematica” e come dice lo stesso Acheson: “spunta fuori in relazione ad un problema fondamentale che riguarda la rapidità con cui le cose cambiano”.

Affascinante. Pensate all’applicazione di tale principio quando vengono creati i modelli di diffusione delle malattie, afferma l’autore.

Quindi, per derivazione, la e è collegata anche al concetto di incremento.

Preso dalla foga di trovare applicazioni dei concetti di algebra nella vita di ogni giorno, mi era venuto in mente che lo stesso presupposto era alla base di ciò che lessi, qualche anno fa, in un libro di Anthony Robbins intitolato: “Come migliorare il proprio stato mentale, fisico e finanziario”.

A pagina 97 del libro in questione, Robbins racconta di come nel 1986 Pat Riley, coach dei Lakers di Los Angeles si trovò ad allenare una squadra che, reduce dalla vittoria del campionato nell'anno precedente, era convinta di non avere abbastanza energie per ripetere il gesto.

Il coach, allora, applicò il metodo dei “piccoli miglioramenti”: spinse ogni giocatore ad incrementare semplicemente dell’1 per cento la propria qualità di gioco. Un piccolissimo sforzo, a detta sua, che avrebbe portato a grandi vittorie. Detto cosi, sembra ridicolo: ad un breve calcolo significa che, per esempio, se un giocatore otteneva in media 70 canestri ogni 100 tiri, gli sarebbe bastato portare i suoi canestri a 71, per riuscire a fare la differenza. Possibile?

Si, perché se si incrementa dell’1% […] la prestazione di ogni giocatore sul campo in cinque diverse aree, lo sforzo combinato crea una squadra sessanta volte più efficiente di quanto non fosse prima[…]. Incredibile.

Non sono un matematico e non posso, quindi, affermare con certezza se il calcolo incrementale sia collegato alla costante e, a meno che, cosi a prima vista, l’incremento dei canestri ottenuti sia costante e misurabile.

Non so neanche se ciò basti ad avvicinare i ragazzi patiti di basket all’algebra alla fisica o, in generale, alle scienze.

Del resto non ho mai visto nessun giocatore dell’NBA, che dopo una vittoria, esclami, esultando: “Eureka!”

Ad maiora.

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