Mi sono seduto al pc con l’intenzione di scrivere una
semplice recensione della nuova serie tv Sherlock attenendomi ai canoni tipici.
Ma è stato più forte di me. Scriverò quindi, semplicemente, quello che la serie
mi ha suscitato e portato alla memoria.
Le informazioni riguardanti questa nuova versione del
conosciutissimo detective inglese, infatti, sono facilmente reperibili in rete:
vi posso dire, però, che di nuovo, in questa versione ambientata ai giorni
nostri, c’è che il personaggio è anch’egli moderno, utilizza il gps, gli sms e
la rete e la stretta conoscenza delle materie attinenti a ciò che è il suo
lavoro, è stata semplicemente riportata fedelmente.
Se nel racconto con cui Doyle introduce i personaggi, “Uno
studio in rosso”, Watson appunta che Sherlock non ha la benché minima
conoscenza della letteratura (elemento sul quale in seguito si correggerà,
visto che Holmes citerà Dante e Shakespeare) e dell’astronomia (elemento,
invece, confermato e citato nelle nuova serie), mentre sa distinguere tra più
di duecento differenti tipologie di tabacco, anche l’Holmes moderno ha tali
limiti. Ma cosi come affermava di riempirsi la testa (nella versione originale
paragonava il cervello ad una soffitta) solo di materie importanti ai fini
della ricerca investigativa, anche in questa nuova versione lo troviamo
convinto di tale importanza.
Di nuovo,( forse, visto che Doyle non ne accenna affatto, se
non per un lieve misoginismo) c’è che Sherlock è tendenzialmente omosessuale.
Quello che mi premeva di più scrivere, invece, è che il
personaggio ha inspirato cosi tanta produzione letteraria, cinematografica,
fumettistica, musicale, animistica e chipiùnehapiùnemetta, che uno dei miei
scrittori preferiti non poteva non subirne il fascino e l’influenza.
Mi riferisco ad un racconto scritto da Stephen King,
contenuto nella raccolta “Incubi e deliri”, nel quale per la prima e ultima
volta nella sua vita, Watson arriva alla soluzione di un caso prima del
detective.
Poi mi è venuto in mente che anche Umberto Eco volle omaggiare
il personaggio inglese, chiamando il protagonista del suo “Il nome della rosa”
Guglielmo da Baskerville, in riferimento al romanzo “Il mastino di Baskerville”.
Infine, ed è una supposizione mia, non certo avallata dalle
testimonianze dei due scrittori, mi è sembrato davvero curioso come tra i due
scritti, quello di King e di Eco, vi fosse un’altra, più velata, analogia: cosi
come Watson nel racconto del maestro del brivido (quanto è riduttivo questo
epiteto!), scrive alla veneranda età di quasi cento anni, allo stesso modo Adso
da Melk scrive testuali parole: “[…] Giunto al finire della mia vita da
peccatore, mentre canuto senesco come il mondo […] mi accingo a lasciare su
questo vello testimonianza degli eventi mirabili e tremendi a cui in gioventù
mi accadde di assistere.”
Che King abbia letto Eco, oltre che auspicabile per il buon
lettore americano, credo sia anche abbastanza verosimile. King ha affermato di
scrivere praticamente ogni giorno, escludendo il giorno di Natale, quello del
ringraziamento e quello del suo compleanno ( bugia che ha poi smentito in
seguito: tale affermazione era stata
creata di concerto con il suo editore per creare un’aura da scrittore
ossessivo – compulsivo. In realtà ha affermato di scrivere anche in quei
giorni), ma ha anche affermato di leggere in misura altrettanto grande. Non
sembra, quindi, cosi difficile che abbia avuto tra le mani una copia del
romanzo di uno dei più grandi scrittori italiani.
Sfortunatamente non lo sapremo mai.
A meno che non si chieda a King.
Ma so che è difficile reperirlo: sta sempre a scrivere.
Ad maiora.
Trovo estremamente affascinante il modo col quale tu riesca a trovare continui riferimenti, in tutto ciò che commenti, ad altri autori, opere,campi.
RispondiEliminaQuesto è, secondo me, indice non tanto di una cultura estesa e di una mente eclettica, ma principalmente di quella forma mentis che ti ha contraddistinto sin dalla più tenera età: alludo alla tua innata capacità di intrecciare relazioni, link e quant'altro tra tutto ciò che hai davanti, pescando, talvolta, in qualche schedario della tua memoria (qualcuno ha detto "L'acchiappasogni" di King?) o della tua coscienza.
Ad maiora.