venerdì 16 dicembre 2011

Parallelismi

Da pochi mesi ho finalmente, e di nuovo, uno stereo funzionante in macchina.
Quello in dotazione con l’auto  era di una qualità cosi scarsa che, a volte, non riconoscevo neanche le canzoni che ascoltavo.
Fatto sta che per svariati motivi, per mesi ho ascoltato solo ciò che proponevano le radio.
Vorrei spendere due parole in più sul senso di insofferenza e impotenza che si prova a dover ascoltare un tipo di musica che non piace (anche perché cambiando stazione la storia è la stessa), ma ho iniziato questo post parlando della mia radio solo per introdurre il core del discorso.
Grazie allo stereo nuovo ho rispolverato dei classici intramontabili, il cui ascolto è stato letteralmente una delizia per le mie orecchie.
Tra i tanti brani, però, uno in particolare ha iniziato a ronzarmi per giorni in testa, prima che capissi il motivo di quella che, se prima era solo curiosità, stava diventando brevemente una vera ossessione.
Hotel California”, canzone degli Eagles del 1977, non ha bisogno di presentazioni. L’ho ascoltata e riascoltata per giorni, soprattutto per l’assolo di chitarra, ma non mi ero mai veramente soffermato sul testo. Una frase riconoscevo e ricordavo maggiormente (e qui c’è da ringraziare mio fratello, che me la sottolineò ai tempi in cui avevo ancora il mento sporco di Nutella): “ […] this could be heaven, or this could be hell.”
Ed è stata proprio questa frase spingermi a tradurre l’intero testo e cercarne online le interpretazioni.
Tutto ciò ha avuto solo l’effetto di aumentare la voglia di capire perché la canzone, e in particolare quella frase, mi ricordavano qualcosa. Finalmente, nel più alto esempio di serendipità, un giorno ecco riaccendersi la sinapsi.
Anni fa lessi (e qui c’è ancora lo zampino di mio fratello, che investiva i soldi del pranzo nei libri), un racconto di Hoffmann Price, “La pensione”: nel più classico degli stili gotici, una coppia, a seguito di un incidente stradale, vaga per una città sconosciuta in cerca di un posto per passare la notte. Le ricerche però risultano vane fin quando, in un punto in cui erano già passati e in cui non c’era nulla (ma và?) si materializza un piccolo hotel. Stremati e senza speranza decidono di fare un ultimo tentativo. Verranno accolti, ma si troveranno immischiati in tutta una serie di peripezie che, ovviamente, confluiranno nel lieto fine.
La pensione del racconto (di cui non vi dico più nulla per lasciarvi con la curiosità e spingervi a cercarlo e leggerlo) si rivelerà, quindi, un “posto che potrebbe essere il paradiso o l’inferno “. Ed è questo che il mio cervello cercava di dirmi da mesi: non parlo di un semplice collegamento basato su di un rapporto visualizzazione - colonna sonora, ma di un link tra i significati sottointesi (più palesi in Hoffmann, più celati negli Eagles).
Che gli Eagles avessero letto Hoffmann Price e al suo racconto si fossero ispirati? Ho i miei dubbi. Hotel California è semplicemente il ritratto, la testimonianza di un periodo che il gruppo visse a base di sesso, droga e rock and roll.
Inoltre esiste anche un’altra canzone che ha come tema (almeno nel video) l’hotel, le stanze in cui altri hanno vissuto e ciò che esse di cosi lugubre e negativo nascondono: “Il grande incubo”. Non credo sia necessario parlarne, anche perché, con tutto l’affetto e la stima che posso provare per Max Pezzali, non posso certo paragonarlo al gruppo statunitense.
Sono sempre più convinto che esista una coscienza comune, una sapienza comune che si trova nel nostro substrato come i bassi della radio a cui non fai caso, se non quando mancano, e che ci lega ( un po’ come nel film Avatar, esatto). E, esattamente come nel ragno animale, quando un esemplare acquisisce un know-how e si evolve, in automatico gli altri esemplari della stessa specie seguono la stessa strada e nascono con quell’abilità già acquisita, allo stesso modo impariamo e acquisiamo conoscenze simili. Magari per vie diverse e in momenti diversi, ma alla fine il punto di arrivo è sempre lo stesso.
Non sarebbe cosi assurdo, quindi, che a cosi tanti km di distanza, a tanti anni di distanza e con un substrato culturale cosi diverso, vengano fuori opere artistiche simili, o no?
Ad maiora.

P.S. chi ha detto Overlook hotel???

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